fantasie ecologiche, racconti brevi

Avventure a Gambaba

di Alice Menconi

Era una notte del tutto tranquilla al villaggio Gambaba. Era un piccolo villaggio in una radura, circondato da un bosco. Erano per lo più abitazioni antiche, degradate solo dove abitava la gente più povera. Le pareti erano di un grigiastro muschiato e rendevano la città umida e incolore. Tutto successe alla casa dei Fredicsons. Era ormai notte fonda e tutto il villaggio era andato a dormire. Tutte le luci erano spente tranne quelle della loro casa. Il papà e i suoi tre figli erano fuori, nella radura a guardare le stelle. Il cielo era buio, ma aveva molte stelle che illuminavano il paese e risplendevano alte e numerose. Jacomo, Bill e Jack insieme al padre Frank erano seduti fuori. In casa c’erano solo la madre Hana e la figlia Maria. Jacomo, Bill e Jack erano tre gemelli di 9 anni. Erano tre ragazzi che adoravano muoversi nella natura. Tutti e tre un po’ cicciottelli, ma molto agili. Erano astuti e intelligenti e quando si trattava di furbizia erano i primi ad ingegnarsi. Erano una piccola banda. Ognuno di loro non poteva fare a meno degli altri; inseparabili e pieni di coraggio. Erano abili nell’orientamento e apprendevano il mestiere di cacciatore dal padre che ogni domenica portava a casa un cinghiale. La loro casa era una delle più belle e grandi con una grande cucina per preparare il cinghiale. Quella notte, appena papà e mamma si furono addormentati, ai tre, che da tanto tempo non andavano in giro ad esplorare, venne un’idea. Ne approfittarono per spingersi verso la fine della radura e l’inizio del bosco, posto che non era per niente consigliato visitare a quell’ora; loro lo fecero ugualmente avventurandosi verso il “bosco dai cedri rossi”. Credevano che di notte fosse più facile catturare un cinghiale, che poi avrebbero portato al loro papà come segno di aver appreso molto dai suoi insegnamenti. E così intrapresero questa loro avventura piena di inaspettate difficoltà. Jacomo conosceva una casa sull’albero a poche centinaia di metri dal paese. Lì si rifugiarono per la notte; volevano partire per la caccia la mattina molto presto. All’alba si svegliarono per costruirsi piccole armi, con bastoni e cocci di vasi; sarebbero servite per affrontare il cinghiale. Poi si misero in marcia, ma per molte ore non riuscirono a trovare tracce di cinghiali. Si dovettero accontentare di due coniglietti e di un cespuglietto di fresca insalata. Dopo due giorni trascorsi nel bosco sempre nel vano tentativo di riuscire nella loro impresa, decisero per l’ultima volta di ritentare. Jack, che era un bravo inventore, decise di fabbricare armi più sofisticate, usando anche spaghi, sassolini e uncinetti. Ultimate le loro invenzioni, si misero in cammino verso la fitta boscaglia. La caccia non stava andando per il meglio; stremati stavano per arrendersi. Erano via da casa ormai da qualche giorno e le forze stavano per esaurirsi. All’improvviso sentirono un rumore provenire da dietro i cespugli. Spuntò fuori un cinghialetto impaurito che era riuscito a scappare da un lupo che poi aveva perso le sue tracce. I ragazzi lo videro, ma decisero di non ucciderlo e portarlo a casa vivo. Questo cinghialetto era piccolo, con pelo marrone scuro e privo di zanne, data la giovane età. Raccolsero le ultime forze per tornare a casa e arrivarono alla radura tutti molto entusiasti. Entrarono in casa e i genitori, preoccupati, furono felicissimi di rivederli. Vista la preda, il papà fece loro i complimenti; era fiero che avessero appreso il suo mestiere. La mamma un po’ scontenta, all’idea di tenere un animale in casa si lasciò trasportare dall’entusiasmo dei figli. Trascorsero cinque giorni assieme al nuovo amico fino a quando, mentre stavano passeggiando, sbucarono due cinghiali dal bosco. Dopo un po’ Bill riuscì a capire che quei due erano la sua famiglia. Salutarono il cinghialetto che se ne andò nel bosco con i genitori e un po’ dispiaciuti i ragazzi tornarono a casa, felici di aver avuto questa indimenticabile esperienza.